“Con incentivi anche ai costi operativi che auspichiamo possano essere introdotti in un futuro quadro normativo, l’idrogeno potrà sicuramente essere uno dei protagonisti della transizione energetica dei prossimi anni”. E’ quanto dice l’Amministratore delegato del Gruppo Hera, Orazio Iacono, in questa intervista.
Nell’intervista Iacono fa quindi una panoramica del vettore idrogeno, partendo dal recente protocollo d’intesa firmato a Modena per la creazione di un polo di produzione dell’idrogeno realizzato dal Gruppo Hera e Snam, con l’obiettivo di contribuire alla decarbonizzazione dell’Emilia-Romagna.
Attenzione particolare viene poi dedicata anche ai green gas e in particolare al biometano: “per rispondere in maniera concreta alle sfide della transizione green e della sicurezza energetica il nostro Gruppo punta a un mix energetico che prevede un ruolo di rilievo anche per altre fonti rinnovabili gassose ed elettriche, come il biometano e il fotovoltaico. Al 2030 stimiamo di raggiungere una produzione di 30 milioni di metri cubi di biometano all’anno”, dice Iacono.
Nei giorni scorsi avete firmato il protocollo d’intesa per la creazione della “Hydrogen Valley” di Modena. Può illustrarci i benefici in generale delle “Hydrogen Valley” sul settore dei trasporti e dell’industria pesante?
La nascita di Hydrogen valley consente la creazione di un ecosistema integrato per la produzione, lo stoccaggio e la diffusione di idrogeno rinnovabile su scala industriale. Lo sviluppo di una filiera di questo vettore energetico green ha importanti e positive ricadute di carattere ambientale, sociale ed economico. Le potenzialità delle Hydrogen Valley portano positivi benefici per diversi settori, primo fra tutti quello della mobilità: le aziende di trasporto pubblico locale possono infatti raggiungere importanti obiettivi di mobilità sostenibile convertendo parte della loro flotta in mezzi alimentati a idrogeno.
Quest’ultimo, rispetto all’alimentazione elettrica, grazie a una maggiore autonomia, è infatti ritenuto più idoneo ad alimentare mezzi a lunga percorrenza giornaliera, in particolare autobus che percorrono linee extraurbane. La velocità di rifornimento dei mezzi è inoltre paragonabile a quella dei veicoli alimentati con combustibili tradizionali. Nel caso dell’Hydrogen Valley modenese, ad esempio, l’idrogeno prodotto potrà rifornire l’azienda di trasporto pubblico locale Seta. Infatti, Seta con fondi PNRR ha già avviato le procedure per l’acquisto di 12 bus per i quali prevede di utilizzare circa 50 tonnellate di idrogeno l’anno, garantendo una percorrenza di 660 mila chilometri e un conseguente risparmio di CO2 pari a 737 tonnellate/anno (rispetto ad autobus alimentati a gasolio).
Ma ricordiamo che anche l’industria, in particolare le aziende energivore e hard-to-abate (come quelle del distretto ceramico modenese, per esempio), vede nell’idrogeno un valido alleato per la decarbonizzazione dei propri processi produttivi. Poiché le industrie energivore in Italia possono assorbire ben due milioni e mezzo di tonnellate di idrogeno all’anno, stiamo parlando di un mercato con grandi potenzialità.
Per lo sviluppo dell’“Hydrogen Valley” di Modena avete ottenuto da parte della Regione Emilia-Romagna un finanziamento da 19,5 milioni di euro stanziato nell’ambito del PNRR. Quanto stanno aiutando questi fondi a rilanciare il settore?
Al momento i fondi sono fondamentali per lo sviluppo del settore, soprattutto perché impianti con le dimensioni di quello di Modena, allo stato attuale della tecnologia, sono economicamente non remunerativi. Impianti di due ordini di grandezza superiori (100 MW) potranno mostrare rendimenti economici migliori. Il polo di Modena è tra i primi e più rilevanti progetti di sviluppo dell’idrogeno rinnovabile per favorire la transizione energetica in Italia. Rappresenta il primo passo di una lunga marcia verso la decarbonizzazione, un primo step necessario per avere poi ulteriori sviluppi tecnologici e dimensionali del settore.
Tuttavia a parte i fondi del PNRR, gli operatori del settore lamentano la mancanza di una strategia nazionale sull’idrogeno. Su questo qual è la posizione del Gruppo Hera?
Fondamentale per il settore sarà l’introduzione di un incentivo alla produzione dell’idrogeno che possa consentire di compensare gli elevati costi di approvvigionamento energetico e di operatività degli impianti; incentivo che è previsto nei prossimi anni. È vero, infatti, che l’idrogeno è ancora poco competitivo rispetto ai combustibili fossili, ma con l’aumento della produzione e della domanda partiranno le economie di scala. Ad oggi, con gli incentivi sugli investimenti in capitale l’idrogeno costa 10 euro al chilo, se si aggiungessero anche gli incentivi sui costi operativi, il prezzo scenderebbe a 5 euro al chilo. Auspichiamo, quindi, che le normative vengano aggiornate in questa direzione.
Il Gruppo Hera, oltre che sull’idrogeno è impegnato anche sul biometano. Può illustraci strategie e obiettivi su questo fronte?
L’attenzione alla transizione energetica è cruciale e riguarda tutti gli assi di sviluppo strategico previsti nel piano industriale del Gruppo Hera. Si tratta di iniziative concrete per la promozione delle fonti rinnovabili, dall’idrogeno al fotovoltaico, fino al biometano. Per questo, nel nostro piano per la carbon neutrality, per lo sviluppo dei green gas abbiamo riservato un ruolo chiave al biometano, combustibile 100% rinnovabile che si ottiene dal biogas proveniente dalla digestione anaerobica delle biomasse.
Il Gruppo Hera è stato il primo in Italia ad aver realizzato nel 2018, a Sant’Agata Bolognese, un impianto all’avanguardia per la produzione di biometano su scala industriale dalla frazione organica della raccolta differenziata, da cui otteniamo annualmente 20 mila tonnellate di compost e circa 8 milioni di metri cubi di biometano. Recentemente, con un investimento di 28 milioni di euro, attraverso la newCo Biorg tra la controllata Herambiente e la società Inalca del Gruppo Cremonini, è stato riconvertito un vecchio biodigestore a Spilamberto (Mo) in un impianto innovativo per trasformare in biometano e compost i rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata, dagli scarti derivanti dal processo di lavorazione dell’industria agroalimentare locale e dal processo produttivo delle carni di Inalca.
A regime produrrà 3,7 milioni di mc/anno, garantendo così un incremento del 48% della produzione di biometano del Gruppo. L’obiettivo è di raggiungere quota 30 milioni di mc al 2030. In un’ottica di perfetta economia circolare, i rifiuti tornano così al servizio delle comunità sotto forma di combustibile rinnovabile che, immesso in rete, alimenta anche in questo caso il trasporto cittadino pubblico e privato. L’impianto realizzato con un partner d’eccellenza come Inalca rappresenta un fiore all’occhiello per l’economia circolare ed è per noi un ulteriore passo in avanti per la produzione di biometano su scala industriale. Le sfide del futuro richiedono alle utility come la nostra un impegno sempre più decisivo, che intendiamo tradurre in progetti concreti come questo, attraverso investimenti che ci consentono di accompagnare i cittadini, le imprese e le pubbliche amministrazioni nella transizione green e, in questo caso, in quella ambientale con un modello sempre più distribuito e inclusivo per lo sviluppo del tessuto sociale e industriale.
Sarà l’idrogeno il vettore energetico del futuro?
Non abbiamo certezze su quale sarà il mix energetico tra 20 anni, ma certamente l’idrogeno sarà presente. Siamo agli inizi, ma con incentivi anche ai costi operativi che auspichiamo possano essere introdotti in un futuro quadro normativo, l’idrogeno potrà sicuramente essere uno dei protagonisti della transizione energetica dei prossimi anni. Per il Gruppo Hera, rappresenta uno degli assi più importanti dell’infrastruttura green per decarbonizzare le città e i territori serviti. Ricordo che parallelamente all’esperienza modenese stiamo sviluppando un progetto di Hydrogen Hub a Trieste, mentre a Castelfranco Emilia abbiamo appena concluso con successo la seconda fase di test di immissione di un mix di idrogeno e metano in una rete di distribuzione gas cittadina. Inoltre, nel depuratore Idar di Bologna è in via di realizzazione un impianto power to gas che convertirà energia elettrica rinnovabile e acque reflue in idrogeno verde e poi in biometano, per essere poi immesso e stoccato in rete.
Ma per rispondere in maniera concreta alle sfide della transizione green e della sicurezza energetica il nostro Gruppo punta a un mix energetico che prevede un ruolo di rilievo anche per altre fonti rinnovabili gassose ed elettriche, come il biometano e il fotovoltaico. Al 2030 stimiamo di raggiungere una produzione di 30 milioni di metri cubi di biometano all’anno. Riguardo al fotovoltaico, oltre ad incrementare la capacità fotovoltaica installata anche grazie a operazioni di M&A e partnership nel settore, tra le tante soluzioni che proponiamo sono inclusi gli impianti realizzati sui siti di proprietà, collegati e dedicati ad aziende del territorio.
Intervista di Elena Veronelli